TRANSUMANZA

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domenica 10 gennaio 2010

Jasmuheen ed i liquidariani

Ho letto recentemente un bell’articolo comparso su Scienza e Conoscenza riguardo Jasmuheen, una donna australiana che avrebbe superato il bisogno stesso di mangiare, essendo in grado di nutrirsi direttamente dell’energia universale che tutto compone e pervade, conosciuta anche con il nome sanscrito Prana. Di Jasmuheen e dei suoi seguaci (conosciuti con diversi nomi, tra cui "liquidariani") ho scritto sul mio primo testo Vegetariani come, dove, perche’, in un paragrafo che ho deciso di condividere con i lettori di Viverealtrimenti:

Jasmuheen viene definita una “telepatica cosmica”; riceve cioè messaggi, per via telepatica, da altre dimensioni.
Dal 1993, riceve indicazioni precise da “esseri di luce”.
Non mi assumo, ovviamente, la responsabilità di dire se tutto questo sia vero o falso.
Così sta scritto sui suoi testi o su testi in cui si parla di lei.
Jasmuheen è una delle figure più significative della cosiddetta New Age.
Insieme ad altre persone ha avuto un ruolo pionieristico nella sperimentazione di una pratica di de-condizionamento dall’alimentazione ordinaria.
Dal 1993 vive di “luce liquida”. Energia.
Ha pubblicato diversi libri. Il più famoso è Nutrirsi di luce.
Trovo sia un libro piuttosto destrutturante (anche se non è scritto stupendamente).
Mette in discussione condizionamenti fortemente radicati in noi come, ad esempio, che sia indispensabile mangiare per vivere o, addirittura, che la morte sia un evento ineluttabile.
Ovvio che tutto questo comporti una visione diversa dell’essere umano che, alla luce di una tradizionale concezione “positivista”, decriptato con parametri di natura organistico-cartesiana, non può assolutamente vivere di sola energia.
Jasmuheen non è il primo essere umano a nutrirsi di sola energia o comunque in grado di vivere senza alimentarsi in maniera ordinaria.
In India molti yogi sembra siano in grado di stare mesi e mesi senza mangiare.
Sono esistiti poi due casi documentati da Pramahansa Yogananda in Autobiografia di uno yogi. Quelli della yoghini indiana Giri Bala e della mistica tedesca Teresa Neumann.
La prima stette oltre cinquant’anni senza toccare cibo (sembra fosse allora l’unico caso al mondo per un periodo così prolungato), sbigottendo parenti e conoscenti.
Accettò pure di farsi rinchiudere due mesi in una stanza del palazzo del Maharaja di Burdwan. Ovviamente senza scorte alimentari.
Se non fosse stata realmente in grado di praticare una specifica tecnica di yoga in grado di mantenerla in vita sarebbe senz’altro morta.
Da bambina Giri Bala aveva un appetito insaziabile.
A dodici anni andò a vivere presso la famiglia del marito, ove veniva regolarmente mortificata dalla suocera per la sua incontrollabile voracità.
Arrivò il momento che, stanca di essere costantemente ripresa e derisa, chiese al Signore di incontrare un guru che le insegnasse a vivere della sola Sua luce.
Il suo desiderio venne esaudito:

Il sole mattutino penetrava le acque; mi purificai nel Gange, come per una sacra iniziazione. Mentre mi allontanavo dalle rive del fiume, con le vesti bagnate intorno a me, nella vasta luminosità del giorno il mio Maestro si materializzò dinanzi a me! -Mia cara piccola- mi disse con voce piena di affettuosa compassione, -sono il guru mandato qui da Dio per esaudire la tua insistente preghiera. Il Signore è stato profondamente toccato dalla tua natura veramente insolita. Da oggi in poi vivrai di luce astrale, e gli atomi del tuo corpo saranno nutriti dalla corrente infinita-.
(P. Yogananda, Autobiografia di uno yogi, Astrolabio, Roma, 1971, pp. 422-423).

In una nota al capitolo sulla “Yoghini che non mangia mai” Yogananda riporta alcune spiegazioni scientifiche riguardo fenomeni così insoliti come quello che viveva Giri Bala:

“Quello che noi mangiamo sono radiazioni, il nostro alimento è un quantum di energia”, dichiarò il dott. Gorge W. Crile di Cleveland a una riunione di medici il 17 Maggio 1933, a Memphis. Parte del suo discorso venne riportato come segue: “Questa radiazione di primaria importanza, che immette correnti elettriche nel circuito elettrico del corpo, cioè nel sistema nervoso, è ceduta agli alimenti dai raggi del sole. Gli atomi […] sono sistemi solari. Essi sono i veicoli che si caricano come molle compresse di radiazione solare [il digiuno esseno prevede difatti che ci si esponga molto al sole nel corso della pratica]. Questi innumerevoli atomi d’energia vengono assorbiti come alimento. Giunti nel corpo umano, questi veicoli saturi d’energia, gli atomi, si scaricano nel protoplasma; e l’irradiazione fornisce nuove energie chimiche e nuove correnti elettriche. Il vostro corpo è fatto di tali atomi […]. Essi sono i vostri muscoli, il vostro cervello, i vostri organi sensori, come gli occhi e le orecchie”.
Un giorno gli scienziati scopriranno che l’uomo può vivere unicamente di energia solare. “La clorofilla è l’unica sostanza conosciuta in natura che in un certo modo ha il potere di agire come una trappola di luce solare”, scrive William L. Laurence nel New York Times. “Essa cattura l’energia dei raggi solari e la deposita nella pianta. Senza di ciò nessuna vita potrebbe esistere. Otteniamo l’energia che ci occorre per vivere dall’energia solare depositata negli alimenti vegetali che mangiamo, o nella carne degli animali che si nutrono delle piante. L’energia che otteniamo dal carbone e dal petrolio è energia solare catturata dalla clorofilla durante la vita delle piante milioni d’anni fa. Noi viviamo del sole attraverso l’azione della clorofilla”
(Ivi, p. 421)

Teresa Neumann era invece una mistica cristiana.
All’età di vent’anni perde la vista e l’uso degli arti inferiori in un bruttissimo incidente.
Pregando Santa Teresa guarisce miracolosamente nel 1923, riacquistando prima la vista, poi l’uso delle gambe.
Da allora sino al momento della morte la Neumann non prenderà che una piccola ostia consacrata al giorno.
Nel 1926 le compaiono le stimmate ed ogni venerdì, per oltre dieci anni, rivive in grande sofferenza la Passione di Cristo e arriva anche a “parlare in lingue”, pronunziando frasi in aramaico antico, ebraico e greco.
Teresa muore nel 1962 dopo quasi quarant’anni di astinenza alimentare.
Dopo questo rapidissimo excursus sul celebre testo di Yogananda, veniamo alla contemporanea Jasmuheen.
Parliamo di una persona che è stata veganiana per vent’anni e teneva molto a mantenersi in perfetta salute, integrando la propria dieta con molta ginnastica quotidiana.
Giunse il momento che intuì che il corpo sarebbe in grado di rigenerarsi autonomamente e che verrebbe logorato solo da un alto livello di tossicità.
La tossicità sarebbe figlia di un’alimentazione sbagliata e di pensieri negativi.
La morte stessa accadrebbe in virtù della convinzione, profondamente radicata in noi, della sua ineluttabilità:

Dal momento che è la mente a fungere da guida, è la mente ad avere il dominio sulla materia, le ghiandole endocrine sono divenute incapaci di sostenere la pura rigenerazione cellulare a causa della convinzione della ineluttabilità della morte. Finché saremo convinti che la morte sia qualcosa di naturale, i nostri corpi sosterranno tale convinzione pur essendo in grado di disubbidire a tale principio.
(Jasmuheen, Nutrirsi di luce, Mediterranee, Roma, 1998, p. 52).

In questo passaggio Jasmuheen parla di corpi, non di corpo.
Ella sostiene infatti che gli esseri umani siano muniti di quattro corpi inferiori (oltre che di altri superiori che però, in questa sede, non interessano).
Il corpo fisico sarebbe quello “più denso”, dunque quello più facilmente percepibile con i sensi ordinari.
Esisterebbero poi il corpo emozionale, quello mentale e quello spirituale.
Jasmuheen non è l’unica a sostenere l’ipotesi della pluralità di corpi dell’essere umano.
È una questione che coinvolge un po’ tutto l’attuale fenomeno della New Age, ispirata dalle tradizionali concezioni indiane e tibetane, di volta in volta rivisitate.
I quattro corpi inferiori di cui parla Jasmuheen vengono paragonati alle quattro corde di una chitarra.
Nel momento in cui sono accordati tra di loro la vita scorre in maniera armonica.
Per essere accordati i quattro corpi, in quanto sistemi di energia, debbono vibrare alla giusta frequenza.
I concetti di “vibrazioni e frequenze” hanno difatti un ruolo cruciale in questa scuola:

l’energia eterna che vive nella materia, la potenza dell’esistenza che si esprime negli atomi con il loro turbinio di molecole e di elettroni che compongono la sostanza terrestre, non sono né più né meno che vibrazioni condensate sino al punto di una tangibilità densa, pesante, mortale. Controllate le vibrazioni e avrete il potere di controllare la sostanza e l’energia della materia (Ivi, pp. 23-24).

A fronte di tutto questo, nel momento in cui si ha “lo strumento accordato”, si può essere in grado di fare cose usualmente considerate straordinarie: sperimentare fenomeni di telepatia e chiaroveggenza e riuscire a vivere senza mangiare o senza dormire.
Riguardo al vivere senza mangiare, Jasmuheen riporta nel suo testo che i nostri corpi avrebbero la capacità “di trasformare i fotoni della luce stellare o solare nelle sostanze di cui il corpo ha bisogno. È un processo simile alla fotosintesi”.
Tuttavia chi vive di sola “luce liquida” non ha bisogno di esporsi al sole o alle stelle perché è comunque in grado di assorbire direttamente “la forza vitale universale” che tutto permea e compone, immettendola nelle proprie cellule.
Cosa ci impedisce, allora, di vivere di sola energia e di superare la schiavitù del cibo? Semplice, la nostra mente.
Essa è programmata in modo diverso: per vivere di cibo organico e solo per un periodo circoscritto di tempo.
Cambiate la programmazione della vostra mente e questi due “luoghi comuni” automaticamente decadranno, sostiene Jasmuheen.
Per essere alimentati dal prana è sufficiente, difatti, essere convinti che ciò accada:

I nostri corpi respirano per noi senza che glielo ordiniamo. Allo stesso modo, se riprogrammato, il nostro corpo assorbirà le forze praniche direttamente, e queste sole forze saranno sufficienti a sostentarci e a nutrirci una volta eliminate le convinzioni contrarie. Questo è un processo di dominio della mente, un’iniziazione sacra, che permetterà di non aver più bisogno di mangiare. (Ivi, p. 22)

La cosa, però, non è esattamente così semplice o meglio, per arrivare a poter esprimere realmente tale convinzione, riprogrammandosi, bisogna sottoporsi ad un processo destrutturante di 21 giorni.
Tale esperienza sarebbe finalizzata, volendo usare una metafora di Jasmuheen, “ad assorbire il Dio dentro di noi” e andrebbe dunque vissuta come una iniziazione religiosa.
È anche bene fare questa esperienza in solitudine, evitando di finalizzarla troppo a motivazioni futili come il voler perdere peso.
Bisogna inoltre sentirsi intimamente pronti a dare una svolta radicale alla propria vita, cercando conferma solo nel proprio “maestro interiore” ignorando le influenze esterne.
Sul libro di Jasmuheen è presentato un “questionario di autoanalisi” di quindici domande.
Chiunque volesse intraprendere la pratica dovrebbe riflettere a lungo su di esse.
Solo riuscendo a rispondere affermativamente a tutte quante potrebbe considerarsi pronto per intraprendere “il viaggio”.
Facile intuire che la pratica consista nel non mangiare per tre settimane: digiuno secco (senza neanche l’assunzione di acqua) la prima, digiuno liquido la seconda e la terza (a base di succhi di frutta).
Prima di intraprendere la “pratica dei 21 giorni” è bene eliminare gradualmente diversi alimenti. In primis le carni rosse ed alcool, poi le carni bianche.
In seguito è bene prediligere cibi solo crudi sino ad arrivare ad assumere solo minestre liquide e succhi di frutta. Questo per evitare di iniziare la pratica troppo intossicati.
A questo proposito può anche essere opportuno fare qualche enteroclisma nei giorni immediatamente precedenti.
È bene inoltre munirsi di due figure di sostegno: un assistente (per le questioni di natura pratica) ed un consigliere (una persona esperta del processo).
Nel corso dei 21 giorni bisognerebbe evitare di parlare più del necessario, di telefonare, utilizzare il computer, vedere la televisione, lavorare e fare vita sociale.
È bene avere meno distrazioni possibili.
Si consiglia addirittura di affidare ad altri eventuali animali domestici.
Vanno ovviamente evitate droghe e sigarette e qualunque tipo di attività sessuale.
È bene infine evitare anche pratiche spirituali come meditazione, rebirthing o altro.
È tuttavia consigliato, in particolare dal 4° al 7° giorno di dedicare tre momenti della giornata alla tranquillità e al silenzio per riequilibrarsi.
La pratica deve svolgersi in uno spazio caldo e accogliente.
Si possono usare incensi, musica e candele per creare atmosfera.
Si consiglia di munirsi di libri “positivi” ma non troppo impegnativi e del necessario per potersi esprimere creativamente ed artisticamente.
Può anche essere utile tenere un diario di tutta l’esperienza.
A pratica terminata molte persone si sentono decondizionate dal cibo e continuano a non alimentarsi per periodi che variano da caso a caso, mesi o anni.
La maggior parte, comunque, presto o tardi ricomincia a mangiare, soprattutto per motivazioni di ordine sociale e per stanchezza della diversità.
Ho intervistato una persona che ha fatto la pratica e che si è nutrito di solo prana per circa quattro mesi, Paolo Cericola, responsabile della Scuola del respiro a via Carlo Alberto 39 a Roma:

Ho ripreso sotto Natale perché avendo famiglia, tutti che si riuniscono, è stressante perché devi spiegarlo a persone che non ti capiscono, che ti prendono per matto e allora torni a mangiare ma mi sono reso conto che ho il potere di stare [anche] senza. Prima era una dipendenza, dopo è una scelta. Posso scegliere di mangiare e di non mangiare.

Paolo ha fatto la pratica in una casa di montagna confinante con un bosco, in perfetta solitudine. Si era pure offerto come cavia, di essere cioè osservato durante e dopo la pratica ma nessun medico gli ha voluto dare credito.
Un suo amico iridologo, tuttavia, lo ha voluto visitare dopo l’esperienza e non ha riscontrato nulla di inusuale se non un leggero stress all’intestino.
Per lui la pratica non è stata difficile, è stata piuttosto, per usare le sue parole “un’esperienza straordinaria” pur in assenza di fatti particolarmente eclatanti.
Tra le altre cose mi ha detto che la pratica dei 21 giorni è la via più rapida per diventare “liquidariani” o “breatharians” ovvero per riuscire, al pari di Jasmuheen, a vivere di sola luce liquida ma non è l’unica.
È il cosiddetto processo per “i guerrieri della luce”.
In alternativa si può scegliere un decorso più graduale, della durata di circa cinque anni, divenendo prima vegetariani, poi vegani, crudisti, fruttariani fino a compiere il salto definitivo al “liquidarismo”.
Ovvio che la mente dovrebbe essere costantemente sintonizzata su tale obiettivo.
In ogni caso, dice Paolo, è meglio fare la pratica dei 21 giorni prima di smettere completamente di mangiare.
Paolo non è l’unico ad aver vissuto mesi “nutrendosi di solo prana”, in Italia.
Sembra siano circa un centinaio le persone che hanno tentato l’esperimento. Generalmente hanno ripreso a mangiare dopo qualche mese.

C’è una donna che [dopo la pratica non ha mangiato] per sette mesi e mi ha raccontato che un certo giorno le è preso un buco terribile e non sapeva come riempirlo. Ha aperto il frigorifero e si è mangiata di tutto. Ha avuto paura di avere grossi problemi ma è stata benissimo. Il buco continuava ad esserci e ha capito che non era una questione di cibo ma dipendeva da qualcos’altro e a quel punto non ha più [ri]mangiato.


Sembra che l’interesse per il liquidarismo stia aumentando al punto che Paolo vorrebbe aprire una scuola.
Non lo fa perché teme guai legali qualora qualcuno, per qualunque motivo, dovesse avere conseguenze più o meno importanti a seguito della pratica.
Stando ad un dato del 1998 nella sola Oceania i breathariani (più o meno integrali) erano circa duecento.
Oggi il liquidarismo inizia ad avere un certo seguito anche in Germania e negli stati Uniti.
A detta di Jasmuheen tutti i breathariani possono legittimamente aspirare ad una vita molto, molto lunga dato che “se una persona sceglie di essere alimentata dalle forze praniche, queste gli apportano tutte le vitamine e le altre sostanze necessarie per mantenere un corpo fisico, che nell’autorigenerarsi, diviene immortale”.
In un altro passaggio, tuttavia, scrive:

L’essere un breathariano non garantisce l’immortalità fisica, a meno che non si riprogrammino la ghiandola pineale e quella pituitaria, affinché secernano soltanto ormoni vitali. Per essere fisicamente immortale occorre abbandonare il preconcetto per cui la morte è ineluttabile, e depurare i campi di energia dei corpi di tutte le impurità intellettuali, emotive e materiali (attinenti cioè all’alimentazione)
(Ivi, p. 98).

Non si, contraddice, invece, sul fatto che i breathariani, avendo acquisito attraverso la pratica il dominio della mente, possono plasmare a piacimento il proprio corpo, programmandosi per perdere peso o per tonificare la massa muscolare.
Alimentandosi di prana, inoltre, possono sviluppare con facilità poteri metapsichici come la chiaroveggenza.
Jasmuheen parla anche di una donna breathariana che ha partorito ed è stata anche in grado di allattare il proprio bambino.
“I breathariani in maggior parte dormono la metà di quanto erano soliti dormire, o di quanto viene considerato giusto dormire. Essi dormono soltanto quando vogliono; di solito allo scopo di uscire dal corpo ed entrare in altre bande di energia”.
Molti di essi “sacralizzano” la propria sessualità praticando il Tantra, altri possono scegliere il celibato perché hanno ormai trasceso “ogni desiderio della carne”.
Generalmente, per non essere completamente alieni dal mondo, si concedono una tazza di tè in compagnia, pur avendo trasceso anche il bisogno di bere.

Ne L’arte di vivere in risonanza Jasmuheen riporta il detto che “l’autostrada informatica sia attualmente la voce incensurata della consapevolezza di massa” .
Chiunque volesse avere maggiori informazioni può dunque visitare il sito www.selfempowermentacademy.com.au.